Comune di Ripalimosani (CB)
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 Mercoledì 24 Aprile 2024

  
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I MISSIONARI OBLATI A RIPALIMOSANI
 

Due circostanze sono all’origine della venuta dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Ripalimosani: il vivo desiderio della popolazione di riavere i religiosi al convento e l’assidua ricerca da parte dei missionari di una sede per il Noviziato.

Gli Oblati italiani, per decenni strettamente legati alla provincia religiosa di Francia, raggiunta una certa consistenza di vocazioni e di opere, sentivano la necessità di avere un Noviziato proprio.

 

Rapido sviluppo

Il Convento di Ripa offriva le migliori garanzie per il raccoglimento, la preghiera e lo studio. I Novizi erano edificati dalla generosità, laboriosità e religiosità del popolo e questo a sua volta era fiero della presenza dei Novizi che reputavano una grazia del Signore pei vantaggi spirituali e materiali che ne ricavavano.
I Novizi studenti furono affiancati da Novizi laici e il numero crebbe fino alla ventina. Nel periodo estivo il numero raddoppiava per la presenza simultanea dei postulanti.


Gli Oblati al tratturo

Il popolo ricorda ancora con nostalgia le lunghe sfilate di chierici dai cappelli larghi e le sottane lunghe e la fascia al vento, a passeggio lungo il regio tratturo, al fiume Biferno o alla Madonna della Neve, a Faifoli o a mete più lontane come Ielsi, Gildone, S. Angelo Limonano, S. Biase.
Spesso partecipavano a feste religiose, a chiusura di missioni, col canto sacro in Chiesa e col folklore ai banchetti.

 

Le Missioni

Con il Noviziato Ripa fu anche attivo centro missionario. Fin dai primi anni gli Oblati predicavano missioni ed esercizi al popolo. Si accattivavano la stima dei Vescovi e dei parroci che a gara chiedevano predicazioni di ogni genere.
Primo nella memoria e nella stima il P. Celeste Francesco, da Castelnuovo Monterotaro, con la sua parola dotta e suadente, la bella voce e i bei gesti, egli trascinava le folle.
Coadiuvato dal P. Immè che univa austerità e bontà con accento profetico scuoteva e inteneriva i cuori di tanti peccatori. P. Michele Cipolla, severo castigatore della moda, era ricercato e apprezzato per il suo servizio umile e nascosto.
Chi non ricorda P. Abramo Sebastiano? Egli gode ancora di un ricordo quasi leggendario per il suo dinamismo febbrile, il tono taumaturgico, la predicazione popolare, feconda di frutti spirituali e…materiali: tra gli episodi più caratteristici il ritorno dalla missione di S. Giovanni in Galso a suon di fanfara con muli e asini carichi di provvidenza per il Noviziato

 

La Rettoria S. Celestino

Il servizio della chiesa è stato assiduo e proficuo. Benché fuori mano è stata sempre frequentata dalla popolazione, attratta dalle belle funzioni, dalla disponibilità dei confessori, dalla direzione spirituale dei Padri.
Attorno alla chiesa del Convento fiorivano varie associazioni. Oltre quelle tradizionali alcune originali. Come non ricordare “i luigini” fondati dal P. Celeste? I solenni mesi mariani, il ricco repertorio di canti religiosi e ricreativi: egli aveva tracciato un solco difficile a cancellarsi.
P. Abramo mantenne salde le tradizioni, coadiuvato da una schiera di giovani Padri i quali non trovavano ambiente migliore per un tirocinio di pratica missionaria.


I Giovani di Azione Cattolica
  
 

Le zelatrici dell'AMMI

 

Le Associazioni      

L’azione Cattolica si distinse per numero e vitalità riscotendo premi ed encomi a livello diocesano e nazionale nelle gare di cultura catechistica. 
Tra le molte iniziative ebbe un posto preminente la Filodrammatica che vanta almeno 50 anni di attività.
Essa ha coinvolto intere generazioni di ripesi: studenti, professionisti, operai, contadini, artigiani, ragazzi, giovani e anziani…tutti hanno rivelato un talento non comune.
Molto lo si deve al P. Immè che fin dai primi anni aveva creato una vera scuola di declamazione.
Negli anni 60 fiorì finanche “l’operetta” guidati dal P. Candeloro. Da sottolineare che fu per la bravura di questi giorni che nello stesso periodo si poté affrontare la polifonia classica con risultati davvero encomiabili.

 

L’Associazione missionaria

Per giudizio unanime la perla delle associazioni è stata l’associazione missionaria di Maria Immacolata (AMMI): tra le più folte e dinamiche della Congregazione!

Le Zelatrici ripesi furono l’anima di ogni iniziativa e di ogni apostolato dei Padri: per il loro zelo, la loro intelligente mediazione i missionari potevano aver contatto con tutta la popolazione e nei diversi settori, dai piccoli agli anziani, dai contadini agli artigiani, ai professionisti, dai fedeli al clero col loro venerando arciprete D. Gaetano Sabatino. Il motto “Ripa oblata” non è affatto enfatico ma una realtà che abbracciava tutti i ripesi.
I missionari in genere e i Novizi in modo particolare erano come figli adottivi del paese. In ogni ricorrenza: festività religiose, compleanno, onomastico, il primo pensiero pei Novizi, era l’occasione per mandare qualcosa al Convento, dai dolci alla biancheria. I missionari in Italia e all’estero ricordano con commossa gratitudine i pranzi coi maccheroni “alla chitarra”, “gli gnocchi”, il tradizionale agnello, dono della Sagra Di Penta, per il Giovedì Santo, ma anche fuori il tempo pasquale; e il tutto innaffiato da buon vino delle rinomate cantine Di Paolo, Camposarcuno, Tagliaferri, Vitantonio o di contadini ripesi.
Penso però che il frutto più bello delle associazioni e dei sacrifici dei Padri siano le tante vocazioni di sacerdoti, di religiosi, di suore in Ripa e nel Molise, molti ancora in piena attività in Italia e all’estero e altri che hanno già raggiunto la casa del Padre.
Menzione particolare merita S. Alfredo Di Penta, fondatore dei “Figli dell’Amore Misericordioso”.

 

Restauri

Nonostante i molti adattamenti il Convento era ancora malandato si presentava come una casa di campagna abbandonata, i tetti fatiscenti, il piano terra occupato ancora dalle stalle, nei dormitori era necessario l’ombrello per difendersi dalla pioggia e di qualche arnese per difendersi dai…topi.
Le nuove leve accusavano disagi che rendevano più difficile la formazione al punto di indurre i superiori a trasferire il Noviziato in altra sede.
Ma una delegazione del paese, capeggiata dal commendatore Michele Di Penta, commosse fino alle lagrime l’Assistente Generale (ed era un tedesco!) che fece revocare la decisione.
Ma fu necessaria una radicale ristrutturazione per dare alla fabbrica un volto nuovo e rendere il convento degno delle glorie passate.
Ciò avvenne negli anni 37-38-39 su progetto dei fratelli Tonino e Lino Di Penta e per la generosità della stessa famiglia e di tutti i religiosi.
Il Noviziato fu trasformato in vero cantiere di lavoro. Chi non ricorda i Novizi di quegli anni intenti a cavar pietre, trasportare macigni, pietre squadrate e montagne di calcinacci!
Manovali intelligenti e assidui intorno a capomastri rispettabili come mastro Ernesto da Petrella, mastro Evangelista Della Ventura e tanti altri.
Ne venne fuori un conventino a modo e a dire dello stesso P. Generale “uno dei più belli della Congregazione”.
Qualche anno dopo partirono all’attacco anche i giovani di A.C. col loro contributo si ricavò il campo sportivo dal terreno accidentato di cave di pietre, acquitrini e rottami, riuscendo magnificamente nell’intento.
Fu restaurata la Federazione, creati nuovi locali per le riunioni di gruppo, per la stampa. Fu restaurata la chiesa, forse sacrificando arte e tradizione, dissacrando tombe di frati e di notabili del paese che da tempo riposavano in pace…
In tutte le opere i ripesi risposero generosamente con manovalanza gratuita e generose offerte. Le zelatrici setacciavano anche i paesi vicini per reperire fondi.
La loro generosità non venne meno durante gli anni di guerra; alla comunità di Ripa non solo non mancò il necessario ma questa poté aiutare altre comunità della Campania e del Lazio più colpite dalle leggi annonarie.
Ci fu qualche giorno di panico per la presenza dei soldati tedeschi che minacciavano di mettere a ferro e fuoco il convento e il paese. Non ci furono vittime e le circostanze fecero sì che i rapporti con la popolazione fossero ancora più cordiali. Il Convento poteva sempre offrire un’oasi di pace. Alla generosità dei ripesi i padri e i novizi si disobbligavano con la preghiera; unico dono materiale era l’acqua prodigiosa del pozzo che mai si esauriva e le primizie del giardino, quando mani furtive non ne impedivano la maturazione.


La facciata del Convento prima dei restauri

Il Convento oggi

 

L’Ateneo ripese

La guerra impedì che i giovani professi dopo il noviziato potessero raggiungere lo studentato di S. Giorgio Canadese, perciò il Convento di S. Pier Celestino fu per due anni studentato di filosofia e teologia (1943-44).
Ai neoprofessi si aggiunsero alcuni scolastici i quali per motivi di salute si trovavano fuori sede.
Si tennero a Ripa regolari corsi di filosofia e teologia con qualificati professori come P. Bovenzi Gabriele, P. De Filippis Ettore, P. Fiore Vincenzo, P. Vigliotti Giovanni, anch’essi impediti dalla guerra di raggiungere le proprie sedi.
Ripa poté vedere due novelli sacerdoti: P. Candeloro Matteo, diacono nella cappella delle Suore Battistine, 7/10/44 consacrato sacerdote il 21/12 dello stesso anno nella chiesa dei Cappuccini in Campobasso e P. Pompei Antonino ordinato il 19 marzo 1944 nella Chiesa del Convento di Ripalimosani.

 

Celebrazione giubilare (maggio 1951)

L’occasione propizia per esternare la gioia, la gratitudine, la riconoscenza da parte di tutti, missionari e popolo, autorità civili e religiose, fu il 25° che fu commemorato solennemente. Il Rev.mo P. Generale volle onorare la celebrazione con la sua presenza “per conoscere e ringraziare quel popolo che era stato sempre generoso con gli OMI”. Accolto clamorosamente dal Provinciale P. Carlo Irbicella, da una schiera di Oblati, dal venerando arciprete D. Gaetano Sabatino, dal dottor Alessio Di Paolo che tenne un forbito discorso di accoglienza, dai dottori Camposarcuno e Ianigro, dal sindaco Adolfo Tanno. Le zelatrici animarono la liturgia con canti polifonici e l’accademia con graziose scenette, quadri plastici e canti folkloristici. L’in. Angiolino Camposarcuno, al pranzo celebrativo, tesseva poeticamente la storia del XXV e la preistoria del Convento.
Il P. Generale sigillava il suo originale discorso in buon italiano con simpatico accento americano, con la frase rimasta famosa: “i ripesi mi hanno rubato il cuore!”. Durante tutta la vita avrebbe ricordato con gioia e commozione quella giornata.
L’on. Michele Camposarcuno, altro illustre cittadino di Ripa, fece sì che il Convento fosse visitato da durevoli parlamentari e finanche da Fanfani, allora ministro dell’agricoltura, lasciando un grazioso ricordo per la partecipazione la ballo in piazza e per il dono di 2000 pulcini per la sudata vittoria dello scudo crociato.
Venticinque bombe luminose furono esplose per scandire i 25 anni e, felice coincidenza, commemorati 25 missionari all’estero che erano usciti dal Noviziato di Ripa.
Un frutto veramente prezioso in quei giorni l’arrivo a Ripa d i D. Leonello Berti, sacerdote della diocesi di Fiesole, per iniziare il suo noviziato. Egli sarà il fondatore della Missione italiana nel Laos e poi vescovo, ma morrà tragicamente in un incidente aereo!  

 
Parrocchia sì, parrocchia no!
(Clicca qui per visualizzare l'articolo dedicato)
 
 

Il Cinquantesimo (1926-1976)

La celebrazione del cinquantesimo coincideva con la ricorrenza pluricentenaria del vetusto Convento S. Celestino. Annunziata con termini magniloquenti si è svolta nella semplicità delle rievocazioni degli inizi.
Sebbene difficile fare un bilancio esso si presentava ricco di avvenimenti e di mutamenti.
La stessa presenza di molti padri, dai veterani e pionieri, missionari prestigiosi per la lunga attività svolta nel Molise, giovani reduci dalle più svariate esperienze di apostolato tornarono a Ripa “per una boccata d’aria pura, per tornare come in sogno ai dolci ricordi del passato!”.


I Novizi nell'ora dello svago
Il Gazzettino”, Organo del Centro Giovanile Missionario e di Ripa tutta che tale unanimemente lo ha letto, è lieto di partecipare alla celebrazione del 50° anniversario della venuta degli oblati nel nostro paese, con un numero completamente dedicato alla Comunità dei Missionari di Maria Immacolata.
Senza accenti trionfalistici, senza inutili panegirici, privo per quanto possibile di nomi se non per motivi statistici - perché coloro che hanno ben operato, missionari o laici in questi cinquanta anni, sono scritti nel cuore di tutti e la loro attività non ha bisogno del conforto di una citazione – ma con semplicità, noi vogliamo ricordare un avvenimento destinato a lasciare una traccia indelebile nella storia di Ripa.
È un atto di doveroso omaggio, il nostro; è un sincero ringraziamento a coloro che hanno permesso, voluto e realizzato la nascita di questo giornale.
È un attestato di simpatia per una Congregazione che tanto si è adoperata per la nostra gioventù; è una dimostrazione d’affetto che ha sempre legato Ripa ai Missionari.
Affetto cementato da anni di vita fatti di sofferenze, speranze, di delusioni patite in comune, di momenti esaltanti, di periodi di sconforto.
È un dono modesto ma sincero, improvvisato ma affettuoso, che “il Gazzettino” fa a questi nostri cittadini di diritto che sono gli O.M.I. i quali meritano tale qualifica e per il loro lavoro svolto in loco ma ancor più per aver portato nel mondo - dalle metropoli americane alle foreste del Laos, dal freddo polare del nord Canada all’assolato Ciad – il nome di questo piccolo paese, spesso ignorato dalle carte geografiche, che tutti li ricordano, scomparsi e vivi.
È un saluto ai Missionari Ripesi che rappresentano la punta avanzata di Ripa in seno all’Ordine, con dignità, con valore e con modestia, come è costume della nostra gente.
È un augurio a ben seguire sulla via intrapresa con umiltà, con sacrificio; via lastricata a volte di rinunzie, lagrime e sangue, ma in fondo alla quale vi è il compenso al quale mirano “gli specialisti delle missioni”.

 

Il grande assente: il Noviziato! Perché?

Più volte sono stato chiamato in causa come il primo responsabile del trasferimento del Noviziato da Ripa a Marino.
L’accusa viene da molti padri della Provincia e dai Ripesi; ma non sento tanto il bisogno di difendermi quanto di esporre i fatti come sono avvenuti.
Premetto che se l’amputazione fu dolorosa, lo fu soprattutto per il sottoscritto, più di qualunque altro legato a questo Convento e a questa gente.
Allora perché il trasferimento del Noviziato O.M.I. da Ripa?
Il Noviziato raccoglie le nuove reclute della Congregazione, i giovanissimi a cui dare una formazione fondamentale per tutta la vita religiosa.
Dopo il terremoto conciliare sappiamo quali problemi agitano la società, specie il mondo giovanile – tempi nuovi richiedono esperienze nuove, metodi nuovi. - Era cambiato radicalmente il sistema di promozione vocazionale: le scuole apostoliche morte o condannate a morire, bisognava escogitare nuove formule se si voleva sopravvivere.
A Marino era iniziato un esperimento col Centro giovanile che dava segno di vitalità e di speranza; tale centro e l’equipe dei padri promotori reclamavano la vicinanza del Noviziato per una più efficace collaborazione e per un dialogo più vivo coi giovani postulanti e coi molti visitatori interessati all’esperimento.
Il trapianto era doloroso e volevo evitarlo ad ogni costo. Pensavo al dispiacere del popolo Ripese che si sentiva tanto legato alle diverse generazioni di Novizi – amava vederli sfilare per le vie del paese e della campagna come grano di una corona; gustava le belle funzioni, i bei canti – I giovani fraternizzavano con loro e alle volte si associavano a qualche marachella o si univano per lavori straordinari, per preparare recite, feste religiose, gare sportive.
Pensavo anche alla sorpresa di tanti Padri Oblati passati per Ripa , portavano un po’ di accento ripese dal Polo all’Africa, al Laos: Madonne! I Nevizi e lu padre maestre, me scine!
Mi venner alla mente le proteste, le perorazioni e le lagrime che distolsero i Superiori nel 1937 dal trasferirlo a Onè di Fonte, iniziando con tanta generosità i radicali restauri al Convento, ereditato in condizioni precarie da P. P. Francescani.

Ma nel 1968 i tempi nuovi postulavano formazione nuova, comportavano un contatto con specialisti nelle diverse discipline ecclesiastiche e filosofiche, quindi vicinanza ai grandi centri come Roma; inoltre la nuova legislazione voleva i novizi più inseriti nella vita ecclesiale, nella liturgia domenicale, nella pastorale, nella catechesi,nella partecipazione attiva a corsi di missione al popolo, mezzi che Ripa non poteva offrire e che, almeno in parte, non volle offrire; perché, a onor del vero, devo aggiungere che prima della decisione furono interpellate senza esito, la comunità religiosa, la comunità parrocchiale e quella diocesana nei rispettivi responsabili.
E il taglio avvenne pur doloroso ma fecondo. Il trapianto a Marino assicurò continuità e ripresa; una crescita che colloca il Noviziato italiano al secondo posto dopo quello della Polonia, additato dal Generale come modello nella Congregazione, per uscire dalla crisi vocazionale che affligge gli Istituti religiosi e la Chiesa.
Si cercò di trovare un’alternativa per il Convento di Ripa. Costretto dalle circostanze a togliere il Noviziato, facevo vivo appello alla Provincia O.M.I. perché apprezzasse il sacrificio che si imponeva ai Ripesi e si adoperassero nuovi mezzi per dare vita al Convento.
I Novizi vennero sostituiti dalle prime due classi delle medie superiori, provenienti da Santa Maria a Vico, ma anche premessa alla creazione di un “Centro Giovanile”, che affiancato a quello di Marino, potesse efficacemente preparare giovani per il Noviziato.
L’anno successivo finiva il mio mandato, rammaricato di non aver potuto contribuire al consolidamento dell’esperimento. Cedo la penna ad altri per sapere perché la formula fallì: quali ragioni fecero morire sul nascere quella speranza, perché al Molise si preferì la Calabria e poi la Sicilia. Solo chi conosce queste ragioni può parlare di responsabilità davanti al paese e alla Congrgazione.


Gli Oblati di Ripa attorno al R.mo P. Generale
Per le vie del mondo…

Cinquantenni di vita non sono molti nella storia di un Istituto destinato a vivere secoli, anzi ne costituiscono la prima giovinezza. Ciò nonostante Ripa può offrire una sua galleria di famiglia: figure che andrebbero ricordate per benemerenza nei vari campi di apostolato e come esempio di vita alle future generazioni.
Troppo lunga sarebbe la lista se dovessimo ricordarli tutti, perciò ci limitiamo a quelli che maggiormente sono legati a Ripa e in qualche modo fanno parte della sua storia.
Ricordiamo fugacemente P. Iammarino, P. Minadeo, P. Mitri, P. Vitantonio, P. D’Errico, P. Lanese: tutti ripesi che onorano il loro paese natio, svolgono un lavoro qualificato nell’insegnamento e nella pastorale.

Una menzione speciale merita il P. Minadeo per l’apprezzatissimo “Lessico del dialetto di Ripalimosani con appendice di poesie e prose popolari”. Egli ha meritato il Premio Marzotto e una medaglia d’oro dello stesso comune di Ripa.
P. Mitri, giunto ai vertici della Congregazione come Postulatore Generale. Egli ha il grande merito di aver portato al termine il lungo e difficile iter della Causa del Fondatore e, per il prestigio che gode presso altri Istituti, porta avanti numerose cause di Santi in Italia e all’Estero.
P. Lanese, missionario nel Texas fin dai primissimi anni. S’è distinto in molte missioni come fattivo restauratore, costruttore di chiese. Da tutti stimato e amato e conosciuto come “il padrestio bueno e carino”!.
Molti gli oblati che si sentono ripesi di adozione e per l’anno fondamentale di formazione religiosa durante il Noviziato o per la lunga permanenza in questo paese.
P. Abramo per la sua lunga permanenza a Ripa ha meritato il riconoscimento di “cittadino onorario di Ripalimosani”.
Tra gli oblati di Ripa è degno di menzione P. Conti Guglia Carmelo, del primo nucleo dei Novizi del 1926. è stato Assistente Generale ed occupa un posto rilevante negli studi sociali e nella predicazione missionaria.
P. Zago Marcello, anch’egli Assistente Generale, già missionario nel Laos, esperto in studi sul Buddismo e promotore di un incontro ecumenico di Eminenti Bonzi con la S. Sede. Nominato Segretario nel Segretariato dei non cristiani.
Mgr. Alessandro Stacciali, dapprima valente missionario nel Laos, poi successore di Mgr. Berti attualmente vescovo di Montalcino e Ausiliare di Siena.
P. Antonio Ostan missionari di avanguardia, il più vicino al polo. Minato nella salute ha dovuto abbandonare le lande glaciali e rende un valido servizio agli emigrati italiani a Ottawa.
 

- Tratto dall'articolo di P. Matteo Candeloro nel libro:
"Ripalimosani parole ed immagini di un mondo perduto" di G. Tartaglia - 1984